domenica 16 giugno 2013

Un tempo la vita conosceva ritmi più distesi, più umani, conosceva il tempo della semina, ma anche quello del riposo e dell’attesa.

C’è chi persiste a parlare della nostra società
come di una società di gaudenti, grassa e satolla.
È un parlare dall’alto, uno sdottorare dai palchi e dai salotti televisivi,
senza entrare nelle case,
senza accarezzare con lo sguardo i volti.

Io vedo per lo più volti segnati dalla fatica,
le giornate per molti di un equilibrio fragile
come un incastro sofisticato:
basta un ritardo, una sospensione e il congegno è rotto
ed è l’inquietudine,
lo smarrimento.
Vedo gli occhi delle amiche e degli amici
cercare disperatamente,
dopo una giornata di corse,
di uscire dal velo di ansia che li copre,
per brillare di sorpresa
e dirti la gioia di esserci.

Nessuno vuol negare le durezze del tempo passato,
ma oggi
ne sono nate di nuove.

Un tempo la vita conosceva ritmi più distesi, più umani,
conosceva il tempo della semina,
ma anche quello del riposo e dell’attesa.
E nel cuore portavi i problemi di un solo villaggio, il tuo:
più in là non c’era conoscenza.
Oggi ti alzi al mattino
e la rassegna dei giornali ti carica dei problemi del mondo intero:
ti pesano negli occhi tristi,
perché a sciuparli è il senso tragico della nostra impotenza.
E tu non sei,
non sarai mai un indifferente.
Il problema oggi sta proprio qui:
come portare nei nostri occhi i problemi
e le inquietudini della vita del mondo.
Come attraversare le notti e non abbandonare la fiducia.
“La notte non è più notte davanti a te,
il buio come luce risplende”, dice il canto.
Non si tratta di non vedere o di far finta di non vedere.
Ma di vedere, di percepire nella notte un Altro:
la notte “davanti a Te”....
Non è un’ingenuità: a dar luce è una presenza.
È come quando cammini per strade buie,
ma una mano, la mano di un amico o di un’amica,
stringe la tua.
Non è più la stessa notte.
Negli occhi risuscita la fiducia.
(Angelo Casati,La fede sottovoce).

Nessun commento:

Posta un commento