mercoledì 1 gennaio 2014

Il dono non lo getti. Custodisce per te un volto, che lo rende inconsumabile. Arde un volto. Il volto non si consuma.


Angelo Casati , il 14/01/2009, Crema
GRATUITÁ E GRATITUDINE

Gratitudine

Gratuità richiama gratitudine, perché richiama dono.
Anche la parola dono, nella sua accezione più pura,
sembra evocare esperienza
che sorprende, che narra un "inatteso",
narra qualcosa che non era nei confini previsti del dovuto,
non ti era dovuto, non era una necessità.

Pensate la provocazione se mettete la prospettiva del dono a confronto
con una stagione che celebra il consumo,
dentro la cultura delle cose impoverite a "prodotto", consumi e getti.
Dentro una spenta voracità,
cioè dentro un mangiare defraudato di ogni ulteriorità,
un mangiare e basta, per questo un mangiare spento.

Gesù - e il memoriale della sua Cena ce lo ricorda - vede oltre:
"prese il pane, e rese grazie, lo spezzò":
Dentro il banchetto, ogni suo banchetto,
fosse anche quello per i cinquemila,
intravedi quasi una ritualità, il riconoscimento del dono,
riconoscimento che diventa riconoscenza,
cioè un riconoscere, non un mangiare da ciechi,
ma da vedenti.
Vedenti che cosa?
Vedenti il dono.
Vivere dunque la vita non da ciechi
ma da vedenti, cioè vedendo il dono.

Vivere da vedenti,
riconoscendo il dono che abita le cose
significa contrastare alla radice la civiltà o l'inciviltà, perdonate, dei consumi.
Il prodotto si consuma e lo getti.
Il dono ha dell'inconsumabile:
"Fate questo in memoria".
In memoria, nel pane c'è una memoria,
una memoria che arde, come brace silenziosa, parla del dono.
Il dono non lo getti.
Custodisce per te un volto,
che lo rende inconsumabile.
Arde un volto.
Il volto non si consuma.


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