giovedì 2 gennaio 2014

gli occhi si sono fatti opachi, opachi per cataratta dello spirito, e di conseguenza incapaci di sorprendere i colori, la bellezza, il mistero che abita le cose


Angelo Casati , il 14/01/2009, Crema
GRATUITÁ E GRATITUDINE

Si tratta, voi mi capite, di ritornare a incantarsi per l'oltre,
per il volto che abita le cose
e le fa dono.

Ma l'incantamento, voi me lo insegnate,
viene da un indugio,
da una capacità di sostare.
Indugiare alla soglia delle cose.
La fretta è nemica, radicalmente nemica, dell'incantamento.
La fretta che ci consuma è parente stretta della voracità.
La fretta ci fa predatori.
L'incantamento ha bisogno di sosta, di tempo,
del tempo della contemplazione,
ha bisogno, perdonate la parola, di lentezza.

Tutti di corsa,
mi è capitato di scrivere un giorno sul nostro foglio,
tutti di corsa.
Tutti in grugniti.
E pure i bambini a volte stanchi di quello che hanno.
A pretesa d'altro.
Anche loro programmati.
Gli occhi sono in avanti.
Quasi le case e le cose fossero vuote, disabitate.
Se non fosse per il timore di essere recensito
tra i lodatori del tempo passato,
mi verrebbe spontaneo riandare nella memoria
alla gioia dei bambini che un tempo si divertivano
inventando giochi sublimi con la povertà del nulla.

Non sarà, me lo chiedo,
che gli occhi si sono fatti opachi,
opachi per cataratta dello spirito,
e di conseguenza incapaci di sorprendere i colori,
la bellezza, il mistero che abita le cose?
Non c'è più il tempo dell'incantamento,
c'è il tempo del consumo.

Ai tempi di Gesù tutti vedevano gli uccelli del cielo.
Lui si incantava.
Vedeva il Padre che li nutriva.
Ai tempi di Gesù tutti vedevano i gigli del campo.
Lui si incantava.
Vedeva il Padre che li vestiva.
Li vestiva di un fascino
che Salomone neppure in sogno si immaginava.


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