martedì 5 novembre 2013

come “pellegrini e forestieri” (1 Pt 2, 11) in questo mondo, servendo al Signore in povertà ed umiltà, vadano per l’elemosina con fiducia


Prima di continuare la narrazione della vita di Francesco, interrotta il 18 ottobre mi sembra bello riflettere su un testo pubblicato in questi giorni dall'Osservatore Romano sulla pluralità di significati della povertà in San Francesco.

Senza appropriarsi
 di nulla
Carmine Di Sante

La seconda modalità alla quale Francesco ricorre è l’uso del verbo “appropriarsi” o del sostantivo “appropriazione” preceduti dalla negazione: «Si guardino i frati, ovunque saranno, negli eremi o in altri luoghi, di non appropriarsi di alcun luogo (nullum locum sibi approprient, nell’originale latino) né lo contendano ad alcuno» (Fonti francescane, 26).

Però è soprattutto nella Regola bollata che al verbo è dato un rilievo particolare: «I frati non si approprino di nulla (nihil sibi approprient), né casa, né luogo, né alcuna altra cosa. E come “pellegrini e forestieri” (1 Pt 2, 11) in questo mondo, servendo al Signore in povertà ed umiltà, vadano per l’elemosina con fiducia. Né devono vergognarsi, perché il Signore si è fatto povero per noi in questo mondo. Questa è, fratelli miei carissimi, l’eccellenza dell’altissima povertà (cf 2 Cor 8, 9), che vi costituisce eredi e re del regno dei cieli (cf Giac 2, 5) facendovi poveri di cose e ricchi di virtù. Questa sia la vostra “porzione” che vi conduce “alla terra dei viventi” (cf Sal 141, 6). E a questa povertà, fratelli carissimi, totalmente uniti, non vogliate aver altro sotto il cielo, per sempre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo» (Fonti francescane, 90).

Osservatore Romano, 2-3 novembre 2013

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