martedì 9 aprile 2013

una felicità senza fine, illimitata, che non vuole niente, che non aspetta niente, se non la meraviglia di ogni incontro, di ogni secondo!

Vorrei  portare la vostra attenzione su un’autrice francese , CHRISTIANE SINGER, di cui ho letto con grande stupore questa pagina scritta  pochi mesi  prima di morire, in ospedale, già gravemente ammalata.

“La forza della disponibilità che mi abita mi stupisce, è lei che dà origine a tutto il possibile.
Come avrei potuto sospettare di poter ancora essere così felice? Di una felicità senza fine, illimitata, che non vuole niente, che non aspetta niente, se non la meraviglia di ogni incontro, di ogni secondo!
Dico felicità per pudore, ma ciò che mi abita in realtà è ancora più forte.
In questi ultimi mesi la parola miracolo aleggiava spesso nell’aria, come una specie di coronamento che mi avrebbe aspettata da qualche parte. Adesso so che questo ambito della coscienza si è costituito del tutto.
Non consiste in una sequenza di gesti attesi, come arrotolare il materassino sotto il braccio e tornare a casa con passo lesto; no, è un miracolo ancora più inatteso.
Mi circonda un sentore che penetra tutto. E’ contenuto appieno in questa sublime e antica parola: beatitudine.   Mi ricopre.(…)
Quali universi faccio vacillare scrivendo queste cose?
E chissà se mi crederanno -ma poco importa- se dirò che non sono stata più felice di adesso.
Di tutte le mie ore, i miei giorni, di tutta la mia vita, pongo queste parole  di Angelus Silesius  in fondo alla pagina con la più estrema semplicità. (…)
 ” Non chiamare Dio a gran voce
   La sua sorgente è in te
   E se non le ostruirai il passaggio’
  Nulla ne arresterà la corsa”
( tratto da: Ultimi frammenti di un lungo viaggio, ed.Sonzogno, 2008)

Christiane.Singer  in un altro libro pubblicato alcuni anni prima, così scriveva:

“In tutte le ricerche contemporanee della scienza, che si tratti  della teoria del caos o della fisica quantistica, le conseguenze incredibili che determina l’infinitamente piccolo sull’insieme sono messe in luce e raggiungono per questa via le visioni cosmogoniche delle grandi religioni dell’umanità.
” Quando strappo un’erba, faccio tremare il mondo fin nelle fondamenta”, dice un proverbio tibetano.
Le ricerche contemporanee riflettono per noi queste verità. L’infinitamente piccolo può avere effetti incredibili sulla realtà intera.
Lo stesso capita in altre discipline della realtà biologica, l’agopuntura ad esempio.
Quando pensate che la punta di un ago inserita al punto giusto può guarire un organo o il corpo intero, che modello per la nostra capacità immaginativa!
Non c’è più bisogno di creare un movimento di massa, né di persuadere tutta una maggioranza!
Un solo destino può creare un campo di coscienza al quale partecipano intere epoche.
E se prendiamo coscienza di ciò, noi -che crediamo in un universo deformato e che crediamo alla nostra impotenza!-, ciascuno di noi, cambiando il suo vissuto, sottoponendo ad una vera metamorfosi il rapporto che intrattiene con le cose, con gli esseri, o vivendo un grande amore, o semplicemente annaffiando il vaso di azalea, accarezzando la testa di un bimbo, facendo mille gesti di amore, salva il mondo senza saperlo. (…)
Forse qualcuno oggi ha avuto un pensiero d’amore e io l’ho captato?
Quante cose, quante persone trasciniamo senza volerlo nella rete delle nostre luci, delle nostre speranze, delle nostre immagini! (…)
Bisogna riprendere fiducia, un’appassionata fiducia nel nostro destino!
Siamo tutti inibiti, frigidi, frigidi, frigidi davanti a Dio!
Non abbiamo più il coraggio della passione; non osiamo più credere che la passione vissuta nella dimensione del nostro destino possa avere un’importanza smisurata sull’universo intero.
A partire dal momento in cui ci immergiamo nella dimensione della passione, possiamo spostare le montagne.   E qualcosa dentro di noi lo sa.
Tutto l’edificio del già conosciuto, tutte le rovine che si sono abbattute sul nostro cuore nel corso dell’esistenza, tutti questi frantumi ammucchiati ci impediscono di vedere ciò che pure, nel fondo di noi qualcosa continua ostinatamente a sapere”
( tratto da:  Del buon uso delle crisi, ed. Servitium, 2006)

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