venerdì 29 marzo 2013

Non c’è nulla di più facile che accusare Dio nel profondo del nostro cuore quando soffriamo per lungo tempo o brancoliamo nell’oscurità, e ripudiare l’ideale che ci eravamo proposti.

La mente dell’uomo giudica sempre le cose in base alla loro apparenza, poiché tale è l’abitudine inveterata della ragione intellettuale nella quale l’uomo ripone una fiducia illimitata. Non c’è nulla di più facile che accusare Dio nel profondo del nostro cuore quando soffriamo per lungo tempo o brancoliamo nell’oscurità, e ripudiare l’ideale che ci eravamo proposti. [...] In quei momenti, talvolta lunghi e frequenti, si dimentica l’esperienza più alta e ci si concentra sulla propria amarezza. È possibile cadere per sempre in questi oscuri passaggi e sviarsi dal lavoro divino. Ma se si avanza lungamente e senza debolezze, la fede del cuore resta intatta, anche sotto la pressione più avversa e feroce; anche se la fede si nasconde o sembra sepolta, risorgerà alla prima occasione. Qualcosa di più alto del cuore e dell’intelletto la sostiene, nonostante i passi falsi ed attraverso gli insuccessi più prolungati. [...] È quindi necessario fin dal principio comprendere e accettare l’ardua difficoltà del cammino e avvertire il bisogno di una fede che sembra cieca per l’intelletto, ma che è più saggia della nostra intelligenza ragionatrice. Questa fede proviene dall’alto, come l’ombra luminosa gettata da una chiarezza segreta che supera l’intelletto e le sue possibilità; è il centro di una conoscenza nascosta, non perduta in balìa delle apparenze immediate. Se la nostra fede persevera, si giustificherà nelle opere, ed alla fine sarà innalzata e trasfigurata nella rivelazione della conoscenza divina. (Srî Aurobindo, Lo Yoga delle opere divine).

Nessun commento:

Posta un commento