martedì 29 gennaio 2013

Si diventa amanti del silenzio


Da “Spiritualità della strada” di G. Basadonna
La strada entra profondamente nella carne e nello spirito.
«La route entra dai piedi», si dice nel gergo scout. Ed è vero.
Dai piedi, cioè dall'esperienza vissuta con pazienza e con pienezza, entra nella persona qualcosa di grande e
di vero, qualcosa che resterà per sempre e che, nei giorni comuni e monotoni, terrà vivo il desiderio, la
ricerca, la tensione verso le «grandi cose», godute e conquistate sulla strada.
Si diventa amanti del silenzio: oggi è un grande pericolo quello di non saper tacere, di lasciarsi riempire
orecchi e cuore dal frastuono di cose e di parole che conducono solo all'evasione, ad abbandonare se stessi
accontentandosi di apparenze.
Si ritorna al silenzio, al colloquio con se stessi, all'ascolto di quelle parole profonde che abitano in noi, e di
quella Parola che è Dio stesso incarnato nell'umanità.
Nasce il desiderio della preghiera, dei lunghi tempi di silenzio, in cui ritrovare la pienezza di sé. (…)
Fare la strada a piedi comporta spesso la sfida alle proprie forze, alla propria resistenza, e a una malintesa
prudenza. (…)
La stanchezza è la compagna immancabile della strada.
La stanchezza fisica, presto o tardi genera quell'altra, quel senso di noia e di sfiducia in se stessi, quel
tentativo di giustificare, con motivi falsamente probanti, un cedimento e una rinuncia.
La stanchezza, in fondo, non è altro che il senso del proprio limite, l'esperienza della propria finitezza, della
propria dipendenza, del proprio essere solamente uomini e non, macchine o eroi.
Ma anche la stanchezza manifesta come il più delle volte ci si inganna sulle proprie capacità, sulla verità di
se stessi: ci si accorge che siamo maestri insuperabili nel raccontare a noi stessi delle storie non vere, nel
travisare quello che siamo e che vogliamo. Siamo specialisti nell'arte dell'inganno.
Tutti noi abbiamo almeno un'esperienza che convalida queste affermazioni: quando ci sembrava di non
poterne più, abbiamo spinto ancora, quando sembrava  di avere tutte le ragioni per fermarsi, abbiamo
continuato. E ci siamo accorti che eravamo capaci, e siamo arrivati fino in fondo, là dove volevamo.
Abbiamo vinto noi e non ci siamo lasciati vincere dalla stanchezza. (…) Non è il gusto sciocco di giocare al
super-uomo, né l'orgoglio falso di sconvolgere le leggi della natura: è solamente la capacità di vedere fin
dove in concreto arrivano le nostre forze e fin dove invece arriva il peso della propaganda, della pigrizia,
delle abitudini, di quel senso di dimissioni che è sempre in agguato nella nostra vita.
È il gusto di vivere tutta la propria personalità e non solo qualche piccola scheggia, qualche esteriore e
passeggero momento.

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