L'impegno ci spinge più in là: verso qualcuno che resti anche quando noi passiamo; verso qualcuno che ci prende in mano il cuore, se il cuore non regge al salire. (Don Primo Mazzolari) fissare a memoria le parole di Paolo: “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù” (Gal 5,1).
martedì 29 gennaio 2013
Si diventa amanti del silenzio
Da “Spiritualità della strada” di G. Basadonna
La strada entra profondamente nella carne e nello spirito.
«La route entra dai piedi», si dice nel gergo scout. Ed è vero.
Dai piedi, cioè dall'esperienza vissuta con pazienza e con pienezza, entra nella persona qualcosa di grande e
di vero, qualcosa che resterà per sempre e che, nei giorni comuni e monotoni, terrà vivo il desiderio, la
ricerca, la tensione verso le «grandi cose», godute e conquistate sulla strada.
Si diventa amanti del silenzio: oggi è un grande pericolo quello di non saper tacere, di lasciarsi riempire
orecchi e cuore dal frastuono di cose e di parole che conducono solo all'evasione, ad abbandonare se stessi
accontentandosi di apparenze.
Si ritorna al silenzio, al colloquio con se stessi, all'ascolto di quelle parole profonde che abitano in noi, e di
quella Parola che è Dio stesso incarnato nell'umanità.
Nasce il desiderio della preghiera, dei lunghi tempi di silenzio, in cui ritrovare la pienezza di sé. (…)
Fare la strada a piedi comporta spesso la sfida alle proprie forze, alla propria resistenza, e a una malintesa
prudenza. (…)
La stanchezza è la compagna immancabile della strada.
La stanchezza fisica, presto o tardi genera quell'altra, quel senso di noia e di sfiducia in se stessi, quel
tentativo di giustificare, con motivi falsamente probanti, un cedimento e una rinuncia.
La stanchezza, in fondo, non è altro che il senso del proprio limite, l'esperienza della propria finitezza, della
propria dipendenza, del proprio essere solamente uomini e non, macchine o eroi.
Ma anche la stanchezza manifesta come il più delle volte ci si inganna sulle proprie capacità, sulla verità di
se stessi: ci si accorge che siamo maestri insuperabili nel raccontare a noi stessi delle storie non vere, nel
travisare quello che siamo e che vogliamo. Siamo specialisti nell'arte dell'inganno.
Tutti noi abbiamo almeno un'esperienza che convalida queste affermazioni: quando ci sembrava di non
poterne più, abbiamo spinto ancora, quando sembrava di avere tutte le ragioni per fermarsi, abbiamo
continuato. E ci siamo accorti che eravamo capaci, e siamo arrivati fino in fondo, là dove volevamo.
Abbiamo vinto noi e non ci siamo lasciati vincere dalla stanchezza. (…) Non è il gusto sciocco di giocare al
super-uomo, né l'orgoglio falso di sconvolgere le leggi della natura: è solamente la capacità di vedere fin
dove in concreto arrivano le nostre forze e fin dove invece arriva il peso della propaganda, della pigrizia,
delle abitudini, di quel senso di dimissioni che è sempre in agguato nella nostra vita.
È il gusto di vivere tutta la propria personalità e non solo qualche piccola scheggia, qualche esteriore e
passeggero momento.
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