Non mi stancherò mai di dirvi che considero
un dovere sacro quello di uscire all’aperto
e di contemplare la bellezza che ci attornia, e di
salutare i luoghi amati, e tutte le creature.
Vorrei che ognuno di noi si abituasse alla tenerezza
verso ogni creatura, e a renderle servizio.
Per esempio: passiamo nel bosco, ecco un alberello
che ha bisogno di sostegno. Ecco un ramoscello
secco, che si deve togliere dai giovani pini. L’alberello patisce se non gli si toglie il secco. Ecco i
processionali da distruggere, sui cipressi, sui pini,
sulle querce.
Ecco una pianticina di passiflora, che deve essere
aiutata nel suo abbarbicarsi. Ecco un cespuglio di
fiori solitari nel bosco e sul prato…
L’ammirazione e il rispetto ai fiori! Come vorrei
ne fossimo tutte penetrate.
Lasciamoli vivere all’aperto, e alla gioia dei nostri
occhi contemplanti!
Non sono le conversazioni spirituali o le letture
che maggiormente ci insegnano. È il nostro cuore
desto, attento, che amando può servirsi di tutto.
Come è sacro il mistero che ci avvolge, e che
miracoloso potere di amore ci tocca, ci sostenta
quanto l’aria!
Io sento il mistero sacro e il miracolo dell’amore
in un attimo di comunione col Cristo quanto nella
stella e nel passero.
E del passero avrò sempre memoria, come della
vespa che mi aspettava in cella, della farfalla che
visse con me otto giorni, della coccinella e del bruchino lucente sotto il chiostro, del grillo che mi ha
fatto compagnia per giorni e della rondinina che
mi ascoltava mentre le dicevo la mia confessione
in una vigilia della Madonna.
Ognuno di questi ricordi mi è presente, e accresce la mia venerazione pensosa verso il mistero
dell’amore.
Sorella Maria di Campello
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