venerdì 14 settembre 2012

L'ignoto, è l'avvenire che chiede di nascere


Decidersi da soli. Come è difficile! Essi non hanno imparato a servirsi del loro cuore, ad appoggiarsi su di esso. Non sanno ascoltare, pensare, vivere con il proprio cuore. Cercano sempre una sicurezza dal di fuori. Aspettano. La loro religione è ancora una religione soltanto imparata, il loro dio il dio del gruppo. Non conoscono Jahvé attraverso il cuore. Non comprendono. Si sentono soli. Hanno paura.
La paura del vuoto. Per questi uomini e queste donne, l'esilio è il deserto. Come i loro padri all'uscita dall'Egitto, eccoli gettati nel deserto. Ma oggi il deserto è la grande solitudine del cuore.
Tutti i legami sono rotti, quelli della terra e quelli del cielo. Una banderuola al vento pazzo dell'angoscia, ecco il cuore dell'esiliato. Dalla profondità della notte, un infelice ha gridato: «La nostra speranza è morta. È finita per noi». Il «gufo delle rovine» ha risposto: «Perché voler morire? La notte è piena di segreto. Apri il tuo cuore all'ignoto».
L'ignoto, è l'avvenire che chiede di nascere. È lo Spirito che si libra sulle acque e le batte con le sue ali giganti. Sembra sempre che bussi dal di fuori, ma chiama dal di dentro. Esso ha il volto dell'altro, dello straniero, perfino del nemico; e tuttavia è l'intimo, la profondità inesplorata. È il richiamo creatore nella creatura, lo slancio irresistibile del nostro essere verso un essere più grande.
L'ora in cui l'uomo non sa più ciò che egli è, e va errando come un'ombra tra le proprie rovine, questa ora di grande solitudine e di vuoto, è anche quella dei grandi inizi. h l'ora in cui lo Spirito ci fa cenno, perché vuole diventare in noi «cuore nuovo», «spirito nuovo».
Éloi Leclerc
IL POPOLO, DI DIO NELLA NOTTE

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