domenica 27 aprile 2014

La risurrezione non ha richiuso i fori dei chiodi, non ha rimarginato le labbra delle ferite. Perché la morte di croce non è un semplice incidente da superare: quelle ferite sono la gloria di Dio, il punto più alto dell'amore, e allora resteranno eternamente aperte.

I discepoli erano chiusi in casa per paura dei Giudei.
Hanno tradito,
                      sono scappati,
                                             hanno paura:
che cosa di meno affidabile di quel gruppetto allo sbando?
E tuttavia Gesù viene.
Una comunità
dove non si sta bene,
          porte e finestre sbarrate,
dove manca l'aria.
E tuttavia Gesù viene.
Non al di sopra,
non ai margini,
ma, dice
il Vangelo «in mezzo a loro».
E dice:
Pace a voi.
Non si tratta di un augurio o di una promessa,
ma di una affermazione:
la pace è.
È scesa dentro di voi,
è iniziata
e viene da Dio.
È pace
            sulle vostre paure,
            sui vostri sensi di colpa,
            sui sogni non raggiunti,
            sulle insoddisfazioni che scolorano i giorni.
Poi dice a Tommaso:
                                Metti qui il tuo dito;
                                tendi la tua mano
                                e mettila nel mio fianco.
Gesù va e viene per porte chiuse,
nel vento sottile dello Spirito.
Anche Tommaso va e viene da quella stanza,
entra ed esce,
libero e coraggioso.
Gesù e Tommaso,
loro due soli cercano.
Si cercano.
Tommaso non si era accontentato delle parole degli altri dieci;
non di un racconto aveva bisogno
ma di un incontro con il suo Maestro.
Che viene
con rispetto totale:
invece di imporsi,
si propone;
invece di ritrarsi,
si espone alle mani di Tommaso:
Metti,
guarda;
tendi la mano,
tocca.
La risurrezione non ha richiuso i fori dei chiodi,
non ha rimarginato le labbra delle ferite.
Perché la morte di croce non è un semplice incidente da superare:
quelle ferite sono la gloria di Dio,
il punto più alto dell'amore,
e allora resteranno eternamente aperte.
Su quella carne l'amore ha scritto il suo racconto con l'alfabeto delle ferite,
indelebili ormai come l'amore stesso.
Il Vangelo non dice
che Tommaso abbia davvero toccato,
messo il dito nel foro.
A lui è bastato quel Gesù che si ripropone,
ancora una volta, un'ennesima volta,
con questa umiltà,
con questa fiducia,
con questa libertà,
che non si stanca di venire incontro.
È il suo stile,
è Lui,
non ti puoi sbagliare.
Allora la risposta:
Mio Signore e mio Dio.
Mio come il respiro
e, senza,
non vivrei.
Mio come il cuore
e, senza,
non sarei.
Gesù gli disse:
«Perché mi hai veduto, hai creduto;
beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Grande educatore, Gesù.
Educa alla libertà, ad essere liberi dai segni esteriori,
e alla serietà delle scelte,
come ha fatto con Tommaso.
Che bello se anche nella Chiesa,
come nella prima comunità,
fossimo educati
più alla consapevolezza
che all'ubbidienza;
più all'approfondimento
che alla docilità.
Queste cose sono state scritte perché crediate in Gesù,
e perché, credendo, abbiate la vita.
Credere è l'opportunità
per essere più vivi e più felici,
per avere più vita:
«ecco io carezzo la vita, perché profuma di Te!» (Rumi).
Ermes Ronchi

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