Dom Helder era un poeta.
Lo era di giorno e di notte.
Parlava come parlano i poeti e nelle veglie prendeva carta e penna e lasciava scorrere i suoi versi. Idee, folgorazioni, richiami divini, quasi sempre umani. Cercava sempre qualcuno, chiedeva a tutti e aspettava le risposte alla sete di conoscenza che saliva come un canto dagli anfratti dell’uomo, di qualunque uomo:
“Per amore di Dio, rispondetemi:
Dove sono i bambini
per raccontarmi i loro giochi,
i poeti
per raccontarmi i loro sogni,
i pazzi
per raccontarmi le loro sofferenze,
e i felici e gli infelici
i santi e i peccatori
i bambini e i vecchi
i morti e i vivi
i credenti e gli increduli
gli uomini e gli angeli
gli animali e le piante
le creature tutte
di tutti i mondi?”.
Nello scrivere il titolo del post mi sto il "sono" ha come soggetto io o gli altri. La poesia mi dice che gli altri che mi parlano sono le coordinate del mio vivere.
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