martedì 3 luglio 2012

La nostra rivoluzione fa parte del piano di corredenzione


Rivoluzione, per quanti sono «malati di Cristo», è la traduzione incompleta e meno precisa
della parola salvezza: lo sforzo per vincere il nostro male.
Facciamo la rivoluzione per salvarci: siamo in un'epoca rivoluzionaria perché siamo in una
disperata necessità dì salvezza. Parla il Profeta per noi: «Ponete ben mente alle vostre vie! Voi avete
seminato molto, e avete raccolto poco: voi mangiate e non ne uscite sazi, bevete ma non riuscite a
soddisfare la sete: vi vestite, ma non v'è chi vi riscaldi: chi guadagna un salario, mette il suo salario
in una borsa forata» (Aggeo).
Poi, Cristo che ammonisce: «Cosa importa all'uomo guadagnare tutto il mondo, se poi perde
la propria anima?». Oso dire che nessuno può eguagliare la passione rivoluzionaria del cristiano,
poiché nessuno può eguagliare la sua sete di salvezza, che abbraccia il corpo e l'anima, il tempo e
l'eternità, se stesso e gli altri, tutti gli altri. Ci si salva salvando: ci si salva con gli altri, ci si salva
insieme. La nostra rivoluzione fa parte del piano di corredenzione: la sua strada passa per il Calvario e si impegna a militare perdutamente per la salvezza dell'uomo, figlio di Dio e fratello nostro.
Non vogliamo una rivoluzione che invidi, ma una rivoluzione che ami; non vogliamo portar
via a nessuno il suo piccolo star bene; vogliamo solo impedirgli che il suo star bene determini lo
star male di molti. Vogliamo una rivoluzione che sia la voce della nostra umana pietà e della nostra
cristiana fraternità.
Il punto di partenza di una rivoluzione di salvezza non può essere che interiore. Prima di
tutto mi dichiaro contro di me; se no, il mio pormi contro gli altri che fanno l'ingiustizia, non
cambierebbe nulla. Il cristiano non si nasconde, né si ripara: si mette in prima fila, al muro se
occorre, altrimenti sarebbe egli pure un rivoluzionario di mestiere.
Ci vuol del coraggio a riproporre una rivoluzione esaurita, una salvezza che non ha salvato,
e riproporla come un dovere cristiano. Forse meno di quanto si crede. Certe  rivoluzioni sono
vecchie e  fruste più della nostra.
Non è la prima volta che il mondo cerca la salvezza nell'economico: l'ha sempre cercata in
quel piano perché il materialismo è una piega nostra naturale, cui il marxismo ha dato una filosofia
e una metodologia nient'affatto originale. Nessuno del resto è molto sicuro nel dichiarare che Cristo
non è più la salvezza. Lo dicono, ma sottovoce, quando sanno che nessuno li prende alla lettera, e a
loro rimane la comoda distinzione polemica tra Chiesa e Vangelo, tra i Cristiani e Cristo.Sono quindi, nella mia proposta, meno fuori del tempo di quanto qualcuno immagini, tanto
più che proporre una rivoluzione non significa giudicare le altre. Il giudizio c'è, è nella mia libera
scelta, che non impegna altri. Agli altri, con amichevole animo, dico soltanto: «Prima di voltare le
spalle definitivamente al Vangelo, ascoltate ancora una volta il suo messaggio. Non si è mai troppo
sicuri di aver barattato il meglio». La rivoluzione cristiana, a differenza degli altri movimenti
rivoluzionari, sporadici e contingenti quasi sempre, ha un passato e un domani. Siamo la novità
anche se portiamo sulle spalle duemila anni di storia. Il Vangelo è la novità: Cristo è la novità.
Da «Mazzolari: antologia dei suoi scritti», Ed. Borla

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