lunedì 2 luglio 2012

La libertà me l'avete tolta da un pezzo


«E perché voi vi sedete senza esserne autorizzato?».
Sbirciando appena il ministro, ancora terminando di pulirsi il naso con il fazzoletto, Bobynin
rispose alla buona:
«Ah, vedete, c'è un proverbio cinese che dice: stare in piedi è meglio che camminare, sedersi
è meglio che stare in piedi, ma ancor meglio è stare sdraiati».
«Ma voi vi immaginate chi potrei essere?».
Poggiando comodamente i gomiti nella poltrona che si era scelta, Bobynin ora esaminò
Abakunov ed espresse una pigra supposizione:
«Be', chi? Be', qualcosa del genere del maresciallo Goering?».
«Del genere di chi???...».
«Del maresciallo Goering. Una volta lui ha visitato la fabbrica d'automobili presso Halle
dove m'è capitato di lavorare. I generali di là camminavano davanti a lui in punta di piedi, ma io
non mi sono neanche voltato. M'ha guardato per un po' e poi è andato avanti».
Sulla faccia di Abakumov trascorse un movimento lontanamente simile a un sorriso, ma
subito i suoi occhi si accigliarono di fronte a quel recluso sfrontato in modo inaudito. Sbatté le
palpebre per la tensione che lo pervadeva e domandò:
«E allora? Vedete fra di noi una differenza?».
«Fra di voi? O fra di noi?». La voce di Bobynin rimbombava come ghisa sotto il maglio.
«Fra di noi la vedo benissimo: io per voi sono necessario, mentre voi per me no!».
Anche Abakumov aveva una «vocetta» con rimbombi di tuono, e sapeva usarla per
spaventare. Ma adesso egli sentiva che gridare sarebbe stata una dimostrazione d'impotenza e dì
mancanza di prestigio. Aveva capito che quel recluso era difficile.
E si limitò ad ammonirlo:
«Sentite, recluso. Se anche io vi tratto con le buone, non per questo dovete dimenticare...».
«Ma se voi mi trattate con le cattive, non starei nemmeno a parlare con voi, cittadino
ministro. Gridate pure contro i vostri colonnelli e generali, loro hanno troppo nella vita e ci tengono
troppo a tutto quello che hanno».
«Se occorre, sapremo costringere pure voi».«Vi sbagliate, cittadino ministro!». E gli occhi energici dì Bobynin scintillarono d'odio. «Io
non ho niente, capite, niente di niente! Mia moglie e il mio bambino non potete più toccarli: se li è
presi una bomba. I miei genitori sono già morti. Tutti i beni che ho sulla terra sono un fazzoletto,
mentre la tuta e questa biancheria senza bottoni (denudò il petto e fece vedere) è del corredo statale.
La libertà me l'avete tolta da un pezzo, né voi siete in grado di restituirmela, dato che neanche voi
l'avete. Io ho quarantadue anni, voi m'avete affibbiato una condanna a venticinque, ai lavori forzati
ci sono già stato, sono andato in giro con i numeri stampigliati, e pure con le manette, e pure con i
cani, e pure sono stato nella brigata a regime intensificato, di cos'altro mi potete minacciare? Di che
altro privare? Del lavoro d'ingegnere? Se lo fate, ci rimettete voi. Mi accendo da fumare».
Abakumov aprì una scatola di «Trojka» di produzione speciale e la sospinse verso Bobynin:
«Ecco, prendete queste».
«Grazie. Non cambio marca. Per via della tosse». E tirò fuori una «Beiomor» da un
portasigarette di sua fabbricazione. «In genere, cercate di capire e riferire a chi di dovere più in alto,
che voi siete forti soltanto nella misura in cui non togliete agli uomini tutto. Ma un uomo a cui avete
tolto tutto non è più in vostro potere, è di nuovo libero».
da «Il  primo cerchio»
di  A. Solzenitsyn - Ed. Mondadori

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