venerdì 15 novembre 2013

La rinuncia al giudizio non riguarda solamente il prossimo


 Il capitolo 5 della lettera di Giacomo
.... La rinuncia al giudizio non riguarda solamente il prossimo, perché la Scrittura include noi stessi in tutti i precetti che riguardano il prossimo. Così quando ad esempio nel Decalogo si dice “Non uccidere”, non si vuole proibire soltanto l’omicidio, ma anche il suicidio; è chiaro che colui a cui è rivolto il precetto è ugualmente incluso. Allora, anche la proibizione del giudizio include il destinatario e perciò nel proibire il giudizio, si proibisce anche l’autogiudizio. Giudicando noi stessi, ci poniamo allo stesso modo come usurpatori di una autorità che non ci compete. Qualcuno potrebbe dire che degli altri ignoriamo le motivazioni, mentre di noi stessi sappiamo molto di più; potremmo allora pronunciare un giudizio. Ma è davvero così? È proprio vero che conosciamo noi stessi? La Scrittura sembra negarlo. Di noi possiamo solamente dire se un singolo gesto sia o non sia conforme al vangelo. Solo su questo noi possiamo avere una parola attendibile, ma su noi stessi e sull’esito del nostro cammino non possiamo pronunciarci; vale a dire: nulla sappiamo di sicuro circa il punto effettivo in cui ci troviamo e circa il livello della nostra santità personale. Simbolo eloquente di questa ignoranza è l’Apostolo Pietro nell’ultima cena: contraddice il Maestro che gli preannunzia il suo rinnegamento; professa la sua fedeltà, e a suo modo è sincero. La sua caduta successiva, dinanzi alle accuse della serva del sommo sacerdote, dimostra che egli non conosceva affatto se stesso (cfr. Mc 14,30-31.66-72).

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