giovedì 14 novembre 2013

Il cristiano ha dunque un motivo teologico molto grande per astenersi dal giudicare; non è una regola di semplice convivenza civile.


 Il capitolo 5 della lettera di Giacomo pone sotto i nostri occhi un atteggiamento di saggezza pratica, che non può mancare nello stile cristiano di affrontare le diverse circostanze della vita di ogni giorno.
Il versetto 9 contiene l’atteggiamento a cui ci stiamo riferendo, ovvero la rinuncia al giudizio: “Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte”.
La motivazione della rinuncia al giudizio è contenuta in queste parole: “il giudice è alle porte”. Qual è la motivazione per cui il cristiano rinuncia al giudizio? Possiamo dire così: Il cristiano rinuncia al giudizio nella consapevolezza che Dio ha trasferito al Figlio fatto uomo ogni autorità di giudizio, e il giudice è sul punto di pronunciare la sentenza, perché gli ultimi tempi sono già quelli che stiamo vivendo.
Nel momento in cui Cristo è stato crocifisso e innalzato sul mondo, è iniziato il giudizio sul mondo dominato dal male. Il Cristo crocifisso giudica continuamente l’umanità e poiché questo giudizio esiste già, ed è stato affidato da Dio unicamente nelle mani di Cristo, chiunque entra in questo ambito, assumendo lui il ruolo giudicante, si pone come antagonista di Cristo, pretendendo di occupare il suo posto, usurpatore della sua autorità.
Il cristiano ha dunque un motivo teologico molto grande per astenersi dal giudicare; non è una regola di semplice convivenza civile.
L’Apostolo Giacomo non intende dire: “Fratelli non giudicatevi gli uni gli altri perché così si vive meglio”.
La motivazione è molto più profonda:
il giudice è alle porte, il che è lo stesso che dire: Non vogliate usurpare quel ruolo e quell’autorità appartenenti solamente al Cristo crocifisso, e a nessun altro. 

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