L'impegno ci spinge più in là: verso qualcuno che resti anche quando noi passiamo; verso qualcuno che ci prende in mano il cuore, se il cuore non regge al salire. (Don Primo Mazzolari) fissare a memoria le parole di Paolo: “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù” (Gal 5,1).
giovedì 12 settembre 2013
Il silenzio fa paura. Il rumore protegge. Nel silenzio sei indifeso, come nel Giudizio Universale. Nel silenzio ascolti. Il silenzio fa sapere che c’è, ma non ama mostrarsi.
Elogio del silenzio
(Ferdinando Camon, Avvenire, 17 dicembre 2011)
Grande successo di un film muto.
Dunque abbiamo bisogno di silenzio?
Ma la civiltà dei consumi non è anche una civiltà dei rumori?
Per avere il silenzio, non dobbiamo noi uscire dalla nostra civiltà ed entrare nelle oasi di civiltà altra, le abbazie, i monasteri, e interrogare i grandi mistici?
I posti centrali della fila più comoda sono già prenotati.
I film d’arte scremano il pubblico,
ed è una sorpresa vedere che la sala si riempie.
Il film è The Artist, ed è in bianco e nero.
Comincia col protagonista che urla, ma non lo senti.
Urla perché lo torturano, vogliono che parli, nel senso che pronunci una parola, almeno una, ma lui resiste, si lascia strappare la coscienza, sviene, lo buttano in una cella come un fagotto.
Sta recitando in un teatro, e il pubblico è con lui: il pubblico del muto non vuole parole, vuole capire, e per farsi capire le parole non sono necessarie.
The Artist usa il silenzio tecnico, rifiuta i rumori della tecnica, è un film muto sul cinema muto,
e l’artista che lo interpreta non ha bisogno di tecniche sonore
perché con la mimica esprime già tutto il suo mondo.
Il film è una parabola sulla successione delle generazioni nell’arte, quando il nuovo stile soppianta il precedente.
Il protagonista di The Artist ha aiutato un’attrice, che ora è la star della nuova arte e lo aiuta a rinascere portandolo con sé, a raccogliere successi nel film sonoro.
È un lieto fine assurdo:
nella storia, la nuova corrente mangia la vecchia.
Anche la storia politica:
ogni rivoluzione ingoia perfino i propri padri.
Il film si gode per quel che è, non per il messaggio che porta.
È un film sul cinema muto, non sul silenzio.
Eppure, la gente corre a vederlo, perché c’è una magia nel silenzio.
Vuol dire che soffre di un eccesso di comunicazione, e l’eccesso non comunica più, ma nasconde.
Calato in mezzo al pubblico ammutolito, pensavo per un attimo alla prima ora di analisi:
colui che va in analisi è angosciato dal silenzio.
Il silenzio fa paura. Il rumore protegge.
Nel silenzio sei indifeso, come nel Giudizio Universale.
Nel silenzio ascolti. Il silenzio fa sapere che c’è, ma non ama mostrarsi.
I monaci certosini nelle Alpi francesi,
hanno fatto aspettare 19 anni il regista che voleva riprendere sprazzi delle loro giornate,
e ne è nato il documentario
Il grande silenzio, che non è muto, ma silenzioso:
è un luogo a parte, in un tempo a parte,
luogo e tempo così solenni che dalle parole verrebbero sminuiti.
Chi è stato ospite di un monastero, al ritorno scopre il suono e il peso delle parole, come se le usasse per la prima volta.
È il silenzio che le potenzia.
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