Mi manchi.
Mi manchi terribilmente.
Da togliere il fiato.
Leggo e rileggo le tue parole,
con innamorata ostinazione.
Mi piego su questa pagina,
e mi fa male non sentire
il ritmo del tuo respiro,
il suono amico della tua voce.
Mi manchi,
e la tua assenza mi ferisce,
come la lama che,
distratta,
attraversa la pelle
e strappa alla carne un lacrima rossa.
Mi manchi, Signore,
e la preghiera
oggi
è un rincorrere il vento;
è ascoltare una musica
che nessuno strumento può produrre.
Mi manchi, Signore,
perché,
di tanto in tanto,
ho bisogno
di toccare,
di vedere,
di sentire profumi.
E tu, ora,
non sei a portata di mano,
non stai davanti ai miei occhi,
non hai l’odore buono di chi ama.
Mi manchi, Signore,
e la fede
ne soffre,
come di una malattia mortale.
Senza cura.
Mi manchi, Signore,
eppure,
so,
quando mi allontano
su versanti ripidi
e pendii pietrosi;
quando fuggo le tue strade
per capriccio e per dispetto;
quando ti volto le spalle,
in un impeto di altezzoso disprezzo,
so,
che io manco a te,
ancora di più.
Per questo,
ad ogni ritorno,
pretendo di averti qui
come uomo fedele,
come Dio paziente.
È questa distanza
che ci unisce.
La tua assenza
mi alimenta.
La tua presenza
mi disseta.
Amen.
(Emily Schenker)
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