mercoledì 14 marzo 2012

Ci si vorrebbe alzare d’impeto e cominciare a correre

L’anima femminile, conformemente alla triplice vocazione della donna, deve avere – nell’ambito privato, famigliare, ed anche professionale – i seguenti attributi: ampia, silenziosavuotà di sé, calda e luminosaCome si può giungere a possedere tali qualità? (Edith Stein, La donna. Questioni e riflessioni., trad. it. di O. Nobile – A. M. Pezzella sulla base del testo della ESGA, (a cura di) A. Ales Bello – M. Paolinelli, Città Nuova, 2010,  pp. 60-63).
«Credo – scrive la Stein – che non si tratti di una molteplicità di qualità a cui si possa por mano e acquisire una per una; si tratta, piuttosto, di uno stato complessivo dell’anima che non possiamo acquisire con la sola volontà, ma deve essere frutto dell’opera della grazia: porre nelle mani di Dio tutta la nostra anima, pronta ad accettare e a lasciarsi formare. Per natura l’anima è ricolma di molte cose, e l’una scaccia l’altra, spesso nella tempesta e nell’agitazione. Quando la mattina ci svegliamo, subito i doveri e le cure del giorno cominciano ad assediarci e si affaccia l’interrogativo: “Come si può sistemare tutto in un giorno? Quando farò questo, quando farò quello? Come affrontare questo dovere, come porre mano a questa faccenda?”. Ci si vorrebbe alzare d’impeto e cominciare a correre. Allora è necessario prendere in mano le redini e dirsi: Calma! La mia prima ora del mattino appartiene al Signore. Il lavoro quotidiano che Egli mi affida voglio affrontarlo, ed Egli mi dirà la forza per portarlo a termine. Così voglio andare all’altare del Signore. E quando il Signore viene a me nella santa Comunione, Gli potrò chiedere: “Che desideri da me Signore?” E ciò che, dopo il silenzioso colloquio con Lui, mi si presenterà come il compito più immediato, darà inizio al mio lavoro. Se comincio la mia giornata lavorativa dopo la Messa mattutina, vi sarà in me un sacro silenzio e la mia anima sarà vuota da ciò che vorrebbe inquietarla e affaticarla e sarà, invece, piena di santa gioia, di coraggio ed energia. Essa è divenuta grande e spaziosa, perché è uscita da sé entrando nella vita divina. Poi comincia il lavoro quotidiano. Magari l’insegnamento – 4 o 5 ore consecutive. Ciò significa: attenersi all’argomento, in un’ora o nell’altra si può non ottenere ciò che si vorrebbe, stanchezza, interruzioni impreviste, ragazzi intrattabili. Oppure lavoro burocratico: rapporti con superiori intrattabili, pretese inaccettabili, rimproveri ingiusti, meschinità umane. Giunge la pausa di mezzogiorno. Si torna a casa esauste, affranteE qui si trovano nuove prove. Allora si rischia di entrare in agitazione e di esplodere: indignazione, rabbia, rimorso. E c’è ancora tanto da fare fino a sera! Non si deve dunque ricominciare subito? No! Non prima di aver trovato almeno per un istante un po’ di silenzio. Ciascuna deve conoscersi o imparare a conoscersi per saper dove e come trovare un po’ di calma. Il miglior modo, se è possibile, sarebbe tornare al tabernacolo per un breve tempo, per riversarvi tutte le preoccupazioni. Chi non può farlo, chi forse ha anche bisogno di un po’ di riposo fisico, si prenda un momento di respiro nella propria stanza. Ma se non è possibile un momento di calma esteriore, se non c’è uno spazio in cui potersi ritirare, se doveri improrogabili impediscono un’ora di silenzio, sarà necessario almeno chiudersi in sé per un istante, separandosi da tutte le cose e rifugiandosi nel Signore. Egli è certo là e può concederci in un solo istante tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Quando verrà la notte, e, guardando indietro, vedremo quanto è rimasto incompiuto e che molto di quanto ci eravamo proposto non lo abbiamo fatto, allora prendiamo ogni cosa così come è, e mettiamo tutto nelle mani di Dio, abbandoniamolo a Lui.In Lui potremo così riposare, veramente riposare, per cominciare il giorno nuovo come una nuova vita». 

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